Eccoci arrivati ad un altro episodio nella serie delle prelibate pietanze toscane. Qui toccheremo sia piatti di terra che di mare e finiremo con una coda dedicata ai dolci secchi toscani.
Baccalà alla fiorentina e alla livornese (foto titolo)
C’è un po’ di confusione quando si parla di Baccalà in Toscana. Spesso si confonde il baccalà alla fiorentina con quello alla livornese. In ogni caso anche il baccalà di entrambe le varianti ha diritto all’inclusione tra le prelibate pietanze toscane. Se si frigge il filetto di baccalà allora si sta facendo la ricetta fiorentina. Di fatto è quella più usata anche se sui menù si trova il nome di “baccalà alla livornese”. Il baccalà alla livornese non prevede la frittura del filetto. Il filetto invece viene cotto in olio con un fondo di cipolla bianca senza infarinarlo. Poi alla fine lo si sfuma con del buon vinsanto toscano. Questa è la vera ricetta livornese, se lo si frigge si sta facendo il Baccalà alla fiorentina. A Firenze in passato gli unici pesci marini disponibili erano quelli che si potevano conservare sotto sale o essiccati. I più comuni erano acciughe, sardine e merluzzo nelle varianti di baccalà sotto sale o stoccafisso essiccato. Il baccalà in particolare ha fatto la fortuna a Firenze e provincia. La ragione principale è il fatto che il costo è sempre rimasto relativamente basso. Ricordarsi che il baccalà è sotto sale. O lo comprate già ammollato oppure dovete metterlo voi in ammollo. Se lo fate da soli servono 4 giorni cambiando l’acqua due o tre volte al giorno. Naturalmente l’ammollo serve anche per la dissalatura. Tra gli ingredienti: farina, olio extravergine d’oliva di qualità superiore, aglio, passata di pomodoro, prezzemolo, salvia, sale e pepe.
Scottiglia
La scottiglia viene anche chiamata “cacciucco di carne” ed è un piatto tipico sia della Maremma che del Casentino. Nella scottiglia trovano posto maiale, pollo, vitello, coniglio, tacchino e agnello. In alcune ricette le legge persino “Carne di tutti i tipi” purché cucinata a fuoco basso, molto lentamente. Il pomodoro e il vino rosso rendono il risultato finale molto scuro e sugoso, da cui il nome “cacciucco di carne”.
Tonno del Chianti
Come per la scottiglia anche qui la carne fa il verso al pesce che di solito troviamo in scatola. Infatti il tonno del Chianti in realtà col tonno di mare non c’entra nulla. Il tonno di mare non è altro che carne di maiale. Si tratta per la precisione della lonza, tagliata a fettine e tenuta ricoperta di sale per 3 giorni. Poi si passa alla cottura molto lenta in vino bianco, alla sgrassatura e alla conservazione sott’olio ed erbe aromatiche. Questi passaggi producono un radicale cambiamento di consistenza del maiale. La lonza diventa appunto tenera come il tonno!! Il tonno così ottenuto si conserva anche per un mese sia come antipasto che come secondo piatto.
Peposo alla Fiorentina
Per questo piatto occorre veramente rifarsi alla storia. Il peposo alla fiorentina o peposo all’imprunetina, lega le sue origini alla Cupola del Brunelleschi del duomo di Firenze. Questa tra le più prelibate pietanze toscane della zona Firenze sud – Chianti nasce intorno al 1400. Questo è il periodo in cui il Brunelleschi era impegnato nella costruzione della Cupola del Duomo di Firenze. Per la costruzione della maestosa cupola fu necessaria una consistente produzione di mattoni provenienti dai forni dell’Impruneta.
Ora il grande architetto rinascimentale doveva seguire tutte le fasi del lavoro occupandosi anche degli operai. Gli operai dovevano scendere dalle impalcature mangiare in città e rimontare per lavorare. Tutto questo era dispendioso in termini di tempo e pericoloso anche per la sicurezza degli operai stessi. Gli operai delle fornaci dell’impruneta invece si preparavano il da soli il pranzo. Brunelleschi notò che mettevano dei pezzi di manzo poco pregiato nelle tradizionali pentole di coccio. Poi vi aggiungevano vino rosso e grani di pepe nero. Infine mettevano le pentole all’imboccatura delle fornaci dove venivano cotti i mattoni lasciando cuocere lentamente per ore.
Brunelleschi fece allestire due mense sulle impalcature della cupola, dove gli operai potessero mangiare senza dover scendere. Il peposo arrivava direttamente dall’Impruneta nei cocci, inseme ai mattoni usati per la cupola. Per portare il pranzo in quota utilizzava gli argani del cantiere. Che ve ne pare? Naturalmente nella La ricetta originale del peposo non poteva esserci il pomodoro. Infatti tale vegetale com’è noto arrivò in Europa molto dopo la scoperta dell’America nel 1492. Quindi a Firenze intorno al 1425 non ci poteva essere il pomodoro. Qualcuno lo utilizza lo stesso nel peposo ma è bene sapere che non è nella ricetta originale. Questa deliziosa pietanza toscana prevede soltanto tre ingredienti: muscolo di manzo, pepe nero e vino Chianti.
Varianti verosimilmente più vicine alla ricetta tradizionale sono invece aglio, olio, salvia e rosmarino. Sia l’olio che il vino devono essere di buona qualità. Talvolta soprattutto col vino si tende a pensare che per cucinare basti un vino qualsiasi. Niente di più sbagliato. Un buon piatto per quanto di origine umile possa essere abbisogna di vino di qualità. Meglio se un buon chianti. Infine una parola sulla casseruola o pentola adatta alla cottura. Per essere filologicamente più corretti dovremmo usare un coccio toscano. Ma se non c’è ci si può accontentare di una pentola in metallo. Attenzione però che per le cotture lunghe c’è bisogno del fondo alto e di un coperchio adeguato.
Dessert secchi
Tra le prelibate pietanze Toscane nell’area dessert non possono mancare i biscotti. A Siena i più famosi sono senza dubbio i ricciarelli dalla caratteristicaforma a chicco di riso. Questi delicati e gustosi biscotti sono costituiti da mandorle, zucchero e albume e ricoperti da un velo di ostia.
Un altro biscotto tipico senese è il cavalluccio. Alla base del cavalluccio troviamo farina, zucchero, miele, noci e spezie (anice, cannella, arancia candita). Sull’origine del nome c’è sempre stato dibattito. Omaggio al Palio o ai viandanti a cavallo a cui veniva servito nelle locande della città ?
Lamporecchio, in provincia di Pistoia, è la patria dei brigidini. Sottilissime cialde di zucchero, farina, uova e anice. Il nome così particolare di questi dolci ha origine da una leggenda. Le suore del convento di Santa Brigida realizzavano le ostie per la Comunione per le parrocchie del circondario. Un giorno, per un errore nell’impasto crearono queste specie di ostie aggiungendo uova, zucchero e anice. I brigidini possono ben essere annoverati tra le più prelibate pietanze toscane. Ottimi da sgranocchiare come snack o da accompagnare a un buon Vinsanto a fine pasto. Nel tè, nel cioccolato o col gelato sono una merenda deliziosa ed energetica adatta a grandi e piccini.
Anche i cantucci di Prato, meritano una menzione tra le più prelibate pietanze toscane di cagoria. Popolarissimi negli USA sono diventati sinonimo di italianità diffusa . Infatti sono indicati ovunque con il generico nome di biscotti. Prato è la patria ormai consolidata soprattutto per il fatto che ne ha certificato la prima attestazione scritta. Tale privilegio scoraggia in partenza tutti gli altri concorrenti che volessero darsi una paternità della ricetta. I biscotti secchi alle mandorle sono consacrati per sempre al matrimonio con il Vin santo. Anche qui vale la regola del vino per cucinare. Se vogliamo esaltare il biscotto occorre un buo vin santo toscano.